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Grafologia e criminologia

Lidia Fogarolo attualmente è docente di Grafologia e Criminologia al Master di Criminologia e Scienze forensi organizzato da Forensic Science Academy.
LA PERSONALITÀ DEL REO

Utilizziamo il termine ‘reo’ nel senso propriamente giuridico: “Si riferisce a colui che ha commesso un reato, che ha violato una norma penale”.

Trattasi di un campo di osservazione grafologica di estremo interesse, poco o per nulla esplorato in modo sistematico, ma che consente – se affrontato con rigore metodologico – un approfondimento del rapporto esistente tra comportamento e struttura della personalità sottostante, esaminato nella prospettiva interpretativa morettiana.

I presupposti teorici che sottendono al lavoro di presentazione dei singoli casi risultano ridotti al minimo:

  • un reato, qualsiasi reato, molto difficilmente può essere direttamente imputato a una personalità tipo, in quanto è stata riconosciuta l’esistenza di un numero elevatissimo di fattori che possono portare a un comportamento trasgressivo anche la persona ritenuta moralmente e socialmente irreprensibile;
  • nello stesso tempo è altrettanto condivisibile che esistono molti reati la cui esecuzione richiede necessariamente alcune caratteristiche di personalità, per cui, ad esempio, una truffa ad alto livello difficilmente potrà essere attuata senza un adeguato potenziale intellettivo e un adeguato livello di spontaneità operativa.

La psiche umana è così complessa, per cui si registrano casi in cui una persona, caratterizzata da un minimo di consapevolezza introspettiva, comprendendo che non sarà in grado di superare i suoi limiti di personalità intrinseci che ostacolano il compimento di un’impresa delittuosa, cerca di manipolare questi limiti con diverse strategie: psicologiche, quando ad esempio l’odio deve essere coltivato a lungo per poter produrre una sufficiente reazione aggressiva; o farmacologiche quando per compiere un determinato omicidio è necessario ricorrere all’assunzione di alcool o stupefacenti. L’autore di una recente strage famigliare ha dichiarato di aver dovuto assumere, prima dell’impresa, pastiglie ‘antipanico’ (sic!) altrimenti non sarebbe stato in grado di arrivare fino in fondo a quanto si era prefisso a livello di costruzione mentale.

L’approccio grafologico alla problematica dello studio della personalità di chi ha violato particolari norme penali viene condotto tramite la presentazione di un breve profilo biografico (la storia) e una verifica condotta sulla scrittura (personalità) per vedere se sia rintracciabile o meno un rapporto non tanto casuale ma di attrazione tematica.

Come evidenziato da certi casi famosi di cronaca nera, è anche necessario saper riconoscere quando la struttura di personalità di base in alcun modo rende il rapporto tra quanto fatto e quanto si è: specialmente nel caso di soggetti molto giovani, si registra lo sgomento tra ciò che si è fatto e ciò che si è e l’impossibilità di rendere ragione di quanto successo.

I saggi pubblicati da Lidia Fogarolo in tema di devianza criminale

Storie di serial killer (2017)

Chi è il tipico serial killer? Secondo la sintetica definizione data dal protagonista della nota serie televisiva Dexter, il profilo criminale più comune risponde a questa descrizione: si tratta di un maschio, bianco, single, sulla trentina, emotivamente dissociato. Ma è ancora così?

Per rispondere a questa domanda Lidia Fogarolo ha preso in considerazione un campione di quarantacinque scritture di serial killer, responsabili di un ampio ventaglio di aberrazioni che vanno dallo stupro seriale al cannibalismo.

Questo viaggio guidato nell’inferno della psiche umana, consente di toccare con mano l’eterogeneità di questi soggetti: anche solo sfogliando il testo, si evince con immediatezza l’incredibile diversità delle scritture, e quindi delle personalità coinvolte in questo tipo di reati, che riflette le problematiche esistenziali più disparate.

La ricerca conferma l’impossibilità di identificare una struttura di personalità prevalente, seppure sia possibile riconoscere alcune problematiche ricorrenti, collegate a specifici segni grafologici, che la studiosa tratta, suscitando l’interesse e il fascino per una disciplina – la grafologia – frutto di un articolato lavoro in ambito psicologico.

Lidia Fogarolo ci aiuta – in una riuscita commistione tra sensibilità e rigore scientifico – a guardare dentro l’abisso di nietzschiana memoria, sicuramente inquietante, ma incredibilmente e inspiegabilmente umano”. (tratto dalla prefazione di Andrea Biscàro)

Storie di donne che hanno ucciso (2020)

Analizzando trentasei casi di donne che hanno ucciso, l’Autrice mette a fuoco le caratteristiche di un profilo criminale femminile ritenute predittive (per cui fin da subito gli investigatori, osservando una scena del crimine, riescono a capire che a commettere il reato è stata una donna) e quali, invece, le situazioni in cui una donna uccide con modalità non corrispondenti alle aspettative di genere.

Nel testo incontreremo casi di infanticidio come forma di controllo delle nascite o dovuti alla depressione, il sacrificio della prole per denaro, la tortura di figlie adolescenti, la vendetta nei confronti di una rivale in amore, l’eliminazione fisica all’insegna del bullismo, la rabbia covata che conduce al mass shooting, e le misteriose donne serial killer, che raramente uccidono da sole e più frequentemente in coppia con motivazioni legate alla tortura e al sadismo sessuale.

Oltre a inserire ogni storia narrata all’interno di un quadro di riferimento statistico e criminologico, l’Autrice si avvale anche dell’indagine grafologica, che consente di cogliere in ogni struttura di personalità esaminata i punti di contatto con il mondo psichico femminile e le ragioni di un’eventuale devianza.

Lidia Fogarolo, presentando situazioni estreme – qual è un omicidio e ancor più un omicidio al femminile – traccia un percorso articolato all’interno dell’universo-donna, focalizzandosi sulle criticità psicologiche e sociali alla base di determinate derive, che nella maggior parte dei casi mai condurranno a un omicidio.