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Charles Darwin, Sigmund Freud, Karl Marx
Sigmund Freud
karl marx

I Grandi dalla scrittura

Presentare una sezione grafologica caratterizzata da un titolo così generico richiede qualche precisazione. Innanzitutto chi sono i grandi: grandi scienziati, grandi artisti, grandi condottieri, caratterizzati veramente da grande ingegno o soltanto da una grande ambizione e grandi capacità di intrigo? Già questo primo interrogativo richiederebbe una lunga serie di considerazioni che esulano dallo scopo della sezione. In secondo luogo, ci si chiede se sia lecito partire dal presupposto, apparentemente ovvio, che una persona sia diventata famosa a causa delle eccezionali capacità che possedeva, che spingevano in senso finalistico in una data direzione. Grafologicamente questo non risulta sempre vero. Inoltre questa forma di riduzionismo psicologico a volte risulta troppo pedante e anche irritante nello sforzo di voler spiegare in dettaglio come e perché sia successo tutto, senza riuscire di fatto a spiegare neanche in minima parte l’altezza e la complessità delle situazioni a cui certi personaggi giungono. Lo psicologo americano J. Hillman ha riproposto recentemente il concetto di ‘codice dell’anima’, vale a dire l’idea “che ciascuna persona sia portatrice di un’unicità che chiede di essere vissuta e che è già presente prima di poter essere vissuta.” (Il codice dell’anima, Adelphi Ed., p.21) Ciò che siamo, in questa prospettiva, non è il frutto delle circostanze, dell’ambiente, del carattere che abbiamo ereditato, ma questi sono solo strumenti che sollecitano la percezione dell’unicità del nostro destino e contribuiscono a realizzarlo. In termini grafologici, la scrittura non spiega il nostro destino e spiega solo in parte la nostra storia, in quanto la personalità costituisce uno dei mezzi attraverso i quali il destino individuale si compie. In questo senso l’anima ci sceglie per vivere la sua vita, per fare quella determinata esperienza della realtà, attraverso un certo corpo e una certa personalità che sono in grado di reggere quella esperienza. Per questo un avventuriero che scopre un continente sconosciuto non può avere la stessa struttura di personalità che consente a un altro di passare anni ad affrescare una cappella: al di là di quello che può essere il potenziale intellettivo di entrambi, uno ha bisogno di audacia, irrequietezza e intraprendenza per muoversi in spazi quasi infiniti e l’altro di dominio totale delle sue energie per portare a termine un compito in condizioni quasi di immobilità fisica. Ma queste tendenze sono strumenti, non fini, in quanto la personalità non può spiegare se stessa, ma fa appello ad altro che resta al di fuori di sé: il senso della propria vocazione, ovvero che c’è una ragione per cui si è vivi e, guarda caso, si ha proprio quella struttura di personalità che ci consente di vivere quelle, e solo quelle, determinate esperienze. Nel raccontare le personalità dei grandi ci limiteremo, pertanto, a prendere atto della struttura della psiche attraverso l’evidenziazione dei principali segni grafologici, e soprattutto di quelli che hanno ‘segnato’ in modo vistoso, per la loro presenza, o la loro assenza, o il loro squilibrio, l’individuo in esame. Ma mentre esaminiamo quello che l’individuo mostra di se stesso attraverso la sua struttura di personalità, non si può dimenticare ciò che non c’è e non ci potrà mai essere nella scrittura: l’anima che ha dato necessità e direzione a quella esistenza.

Charles Darwin, Sigmund Freud, Karl Marx

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Come rivoluzionare l’immagine del mondo conosciuto

I nomi dei tre grandi indicati nel titolo vengono usati spesso insieme per sintetizzare l’attacco poderoso rivolto contro la rappresentazione mentale del mondo che la religione del tempo aveva elaborato e sostenuto per secoli: la Terra e l’uomo sono al centro del piano di Dio e quindi l’approccio investigativo allo studio della materia non può che riconoscervi, profondamente inscritta in essa, la bontà delle leggi divine per l’uomo. Inutile sottolineare che la teoria della selezione naturale di Darwin, di Dio paragonato al Super-Ego di Freud, e della religione intesa come oppio per il popolo di Marx, sono attacchi di una potenza inaudita rivolti contro questa immagine, non tanto perché per molto meno una volta si finiva sicuramente al rogo, ma soprattutto perché, come sottolinea con molta intensità emotiva Nietzche, “Cosa abbiamo mai fatto, a sciogliere questa terra dalle catene del suo sole? In che direzione ci muoviamo ora?… Non alita su di noi lo spazio vuoto?” E benché molti decenni ci separino dal pensiero di questi autorevoli pensatori, la lotta tra sostenitori e oppositori delle due inconciliabili visioni continua con la stessa, apparente intransigenza da una parte e dall’altra, in quanto non si esaurisce nella discussione critica delle diverse prospettive e argomentazioni scientifiche, ma coinvolge in modo molto più radicale due concezioni del mondo apparentemente antitetiche in merito alla causa prima dell’esistenza, materia o spirito; questioni che, con ogni evidenza, non possono avere risposta ‘scientifica’. L’interesse del grafologo, comunque, nei confronti di queste tre personaggi non è tanto di natura ideologica, quanto rivolto alla ricerca degli strumenti di espressione del sé che hanno permesso alla loro personalità di operare in modo così incisivo, di esporsi con il loro sistema di pensiero di fronte ad un sapere consolidato da secoli per trovarne il punto debole e con la forza delle loro argomentazioni, sviluppate quasi al di fuori dei tradizionali centri culturali, sono riusciti a rovesciare, nel senso letterale del temine, ampie impostazioni culturali consolidate da secoli; dei veri rivoluzionari nel mondo delle idee, portatori di un tale fermento culturale da infiammare sostenitori e detrattori in ugual misura. E anche se nessun nuovo approccio può essere considerato il prodotto esclusivo di un singolo, però il singolo è necessario per essere la mente che ha permesso a questo pensiero di esprimersi e la voce che l’ha pronunciato; che ha osato esporsi per dire ciò che non era possibile dire – in molti casi – senza perdere carriera, rispettabilità, onorabilità. Il destino che questi tre uomini hanno condiviso è stato quello di dar voce a idee di grande rottura, in cui successivamente si sono riconosciute grandi masse di persone, e l’hanno fatto con risorse estremamente diverse, in quanto non esiste un modello particolare, una struttura di riferimento che sia neanche lontanamente paragonabile o condivisibile tra di loro. Ognuno ha vissuto intensamente se stesso, le sue qualità, le sue ombre, ed ha trovato aiuto, per farsi strada, in modi molto diversi. Ad un certo punto il loro nome è diventato una bandiera, una provocazione, una semplificazione dottrinale, un manifesto ideologico del riduzionismo materialistico: allora gli esseri umani non sono niente altro che … un prodotto casuale nella feroce lotta per la sopravvivenza; dei bambini pieni di impulsi distruttivi e perciò bisognosi di essere tenuti a bada da un Padre/Dio da loro stessi inventato; appartenenti ad un mondo in cui l’economia detta le sue leggi spietate e tutto il resto è solo copertura ideologica funzionale a chi detiene il potere, religione compresa, anzi religione in primis. A livello grafologico ci chiediamo anche se questa semplificazione del pensiero, che a volte arriva a forme quasi di rozzezza, appartiene veramente alla struttura di personalità dei fondatori o è una conseguenza delle semplificazioni necessarie ad ogni forma di propaganda, senza dimenticare che potrebbe anche esserci un’altra spiegazione non evidente a prima vista.

I Grandi dalla scrittura

Presentare una sezione grafologica caratterizzata da un titolo così generico richiede qualche precisazione. Innanzitutto chi sono i grandi: grandi scienziati, grandi artisti, grandi condottieri, caratterizzati veramente da grande ingegno o soltanto da una grande ambizione e grandi capacità di intrigo? Già questo primo interrogativo richiederebbe una lunga serie di considerazioni che esulano dallo scopo della sezione. In secondo luogo, ci si chiede se sia lecito partire dal presupposto, apparentemente ovvio, che una persona sia diventata famosa a causa delle eccezionali capacità che possedeva, che spingevano in senso finalistico in una data direzione. Grafologicamente questo non risulta sempre vero. Inoltre questa forma di riduzionismo psicologico a volte risulta troppo pedante e anche irritante nello sforzo di voler spiegare in dettaglio come e perché sia successo tutto, senza riuscire di fatto a spiegare neanche in minima parte l’altezza e la complessità delle situazioni a cui certi personaggi giungono. Lo psicologo americano J. Hillman ha riproposto recentemente il concetto di ‘codice dell’anima’, vale a dire l’idea “che ciascuna persona sia portatrice di un’unicità che chiede di essere vissuta e che è già presente prima di poter essere vissuta.” (Il codice dell’anima, Adelphi Ed., p.21) Ciò che siamo, in questa prospettiva, non è il frutto delle circostanze, dell’ambiente, del carattere che abbiamo ereditato, ma questi sono solo strumenti che sollecitano la percezione dell’unicità del nostro destino e contribuiscono a realizzarlo. In termini grafologici, la scrittura non spiega il nostro destino e spiega solo in parte la nostra storia, in quanto la personalità costituisce uno dei mezzi attraverso i quali il destino individuale si compie. In questo senso l’anima ci sceglie per vivere la sua vita, per fare quella determinata esperienza della realtà, attraverso un certo corpo e una certa personalità che sono in grado di reggere quella esperienza. Per questo un avventuriero che scopre un continente sconosciuto non può avere la stessa struttura di personalità che consente a un altro di passare anni ad affrescare una cappella: al di là di quello che può essere il potenziale intellettivo di entrambi, uno ha bisogno di audacia, irrequietezza e intraprendenza per muoversi in spazi quasi infiniti e l’altro di dominio totale delle sue energie per portare a termine un compito in condizioni quasi di immobilità fisica. Ma queste tendenze sono strumenti, non fini, in quanto la personalità non può spiegare se stessa, ma fa appello ad altro che resta al di fuori di sé: il senso della propria vocazione, ovvero che c’è una ragione per cui si è vivi e, guarda caso, si ha proprio quella struttura di personalità che ci consente di vivere quelle, e solo quelle, determinate esperienze. Nel raccontare le personalità dei grandi ci limiteremo, pertanto, a prendere atto della struttura della psiche attraverso l’evidenziazione dei principali segni grafologici, e soprattutto di quelli che hanno ‘segnato’ in modo vistoso, per la loro presenza, o la loro assenza, o il loro squilibrio, l’individuo in esame. Ma mentre esaminiamo quello che l’individuo mostra di se stesso attraverso la sua struttura di personalità, non si può dimenticare ciò che non c’è e non ci potrà mai essere nella scrittura: l’anima che ha dato necessità e direzione a quella esistenza.