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Madre Teresa di Calcutta

I Grandi dalla scrittura

Presentare una sezione grafologica caratterizzata da un titolo così generico richiede qualche precisazione. Innanzitutto chi sono i grandi: grandi scienziati, grandi artisti, grandi condottieri, caratterizzati veramente da grande ingegno o soltanto da una grande ambizione e grandi capacità di intrigo? Già questo primo interrogativo richiederebbe una lunga serie di considerazioni che esulano dallo scopo della sezione. In secondo luogo, ci si chiede se sia lecito partire dal presupposto, apparentemente ovvio, che una persona sia diventata famosa a causa delle eccezionali capacità che possedeva, che spingevano in senso finalistico in una data direzione. Grafologicamente questo non risulta sempre vero. Inoltre questa forma di riduzionismo psicologico a volte risulta troppo pedante e anche irritante nello sforzo di voler spiegare in dettaglio come e perché sia successo tutto, senza riuscire di fatto a spiegare neanche in minima parte l’altezza e la complessità delle situazioni a cui certi personaggi giungono. Lo psicologo americano J. Hillman ha riproposto recentemente il concetto di ‘codice dell’anima’, vale a dire l’idea “che ciascuna persona sia portatrice di un’unicità che chiede di essere vissuta e che è già presente prima di poter essere vissuta.” (Il codice dell’anima, Adelphi Ed., p.21) Ciò che siamo, in questa prospettiva, non è il frutto delle circostanze, dell’ambiente, del carattere che abbiamo ereditato, ma questi sono solo strumenti che sollecitano la percezione dell’unicità del nostro destino e contribuiscono a realizzarlo. In termini grafologici, la scrittura non spiega il nostro destino e spiega solo in parte la nostra storia, in quanto la personalità costituisce uno dei mezzi attraverso i quali il destino individuale si compie. In questo senso l’anima ci sceglie per vivere la sua vita, per fare quella determinata esperienza della realtà, attraverso un certo corpo e una certa personalità che sono in grado di reggere quella esperienza. Per questo un avventuriero che scopre un continente sconosciuto non può avere la stessa struttura di personalità che consente a un altro di passare anni ad affrescare una cappella: al di là di quello che può essere il potenziale intellettivo di entrambi, uno ha bisogno di audacia, irrequietezza e intraprendenza per muoversi in spazi quasi infiniti e l’altro di dominio totale delle sue energie per portare a termine un compito in condizioni quasi di immobilità fisica. Ma queste tendenze sono strumenti, non fini, in quanto la personalità non può spiegare se stessa, ma fa appello ad altro che resta al di fuori di sé: il senso della propria vocazione, ovvero che c’è una ragione per cui si è vivi e, guarda caso, si ha proprio quella struttura di personalità che ci consente di vivere quelle, e solo quelle, determinate esperienze. Nel raccontare le personalità dei grandi ci limiteremo, pertanto, a prendere atto della struttura della psiche attraverso l’evidenziazione dei principali segni grafologici, e soprattutto di quelli che hanno ‘segnato’ in modo vistoso, per la loro presenza, o la loro assenza, o il loro squilibrio, l’individuo in esame. Ma mentre esaminiamo quello che l’individuo mostra di se stesso attraverso la sua struttura di personalità, non si può dimenticare ciò che non c’è e non ci potrà mai essere nella scrittura: l’anima che ha dato necessità e direzione a quella esistenza.

Madre Teresa di Calcutta

I campioni grafici esaminati sono numerosi e omogenei tra loro, ma tutti risalgono al periodo 1987-1991, vale a dire quando Madre Teresa aveva raggiunto 77-81 anni di età.

Ai fini dell’analisi della personalità questo non rappresenta un campione normalmente utilizzato in grafologia, in quanto la scrittura può presentare fenomeni connessi con l’involuzione grafica dovuta all’età, che segnalano minore connessione e minore forza complessiva. In questo senso si evita di norma di analizzare la personalità sulla base di campioni che potrebbero essere fuorvianti, in quanto non colgono l’individuo nel pieno della sua forza psichica.

Un rapido esame alla scrittura di Madre Teresa, tuttavia, consente di verificare che la stabilità e l’omogeneità grafica, la connessione e la velocità complessiva, non segnalano ancora la comparsa di molti indici di involuzione grafica dovuta all’età; questi potrebbero essere riconoscibili solo nell’angolosità diffusa che caratterizza certi risvolti.


L’altruismo grafologicamente considerato

Moretti individuò alla base della psiche umana due tendenze evolutive determinanti: la tendenza al movimento di apertura e di accoglimento del mondo, che definì movimento altruistico, e la tendenza allo sviluppo del proprio sé come essere distinto dal mondo, che definì movimento egoistico. A questi due movimenti della psiche associò a livello grafologico l’estrinsecazione del movimento curvilineo, come indice di altruismo istintivo, e del movimento angoloso, come indice altrettanto istintivo di difesa dell’io. Questi non sono principi perseguibili isolatamente, ma vanno visti come tendenze dinamiche che interagiscono incessantemente tra di loro all’interno del Sé per mantenere le due spinte in equilibrio, pena un grave squilibrio della personalità, comprensibile se consideriamo, per ipotesi, che cosa significhi lo sviluppo estremo di uno dei due principi a scapito dell’altro.

Il massimo dell’altruismo, cioè dell’apertura e della dimenticanza dell’io a favore dell’apertura e dell’accoglimento del mondo esterno, nella visione psicologica di Moretti di fatto, inevitabilmente, si traduce in autoannientamento, in quanto l’individuo viene a perdere i propri confini, la propria individualità, quindi lo strumento primo di azione nel mondo.

Per la stessa ragione uguale e opposta, il massimo dell’egoismo, essendo chiusura assoluta in difesa del proprio io, nel suo movimento estremo diventa autoannientamento per mancanza di accoglimento del nutrimento che deve necessariamente venire dall’esterno.

Era tale l’importanza che Moretti dava a questa classificazione, che ovviamente suggerisce una serie di parallelismi di varia natura (yin-yang, energia femminile-energia maschile, in una visione comunque dualistica e feconda delle due forze che interagiscono), che nella sua opera ‘Il corpo umano dalla scrittura’, basò la sua costruzione psicologica e somatica su queste due forze, intorno alle quali fece ruotare tutti gli altri segni visti come favorevoli o contrari all’estrinsecazione del movimento curvo, di apertura e di accoglimento, e del movimento angoloso, di chiusura per autodifesa.

Secondo l’originale e insolita visione di Moretti il massimo dell’altruismo non solo non è auspicabile, ma è moralmente deprecabile in quanto l’individuo non solo perde la forza, non avendo la capacità di tradurre in pratica l’impulso che sente a livello di sentimento, ma manca dei confini a difesa della propria dignità personale, cadendo inevitabilmente nella debosciatezza.

La personalità ha l’obbligo di mantenere se stessa e di realizzare se stessa, secondo un progetto originario individuale nascosto all’interno del sé, e portare ad estrinsecazione, a realizzazione questo progetto richiede una forza di difesa della personalità che risiede nel movimento egoistico di difesa dell’io. Questa difesa risiede prima di tutto negli angoli, Angoli B per la tenacia e Angoli A per la sensibilità in merito alle proprie defettibilità suscitata dai commenti e dalle reazioni altrui sul proprio operato  (risentimento). In questa analisi psicologica  del ruolo giocato dall’angolo, Moretti pone una distinzione basata sul grado: fino ai 5/10 l’angolo è una tendenza evolutiva che favorisce la presa di coscienza e la forza complessiva della personalità, senza privarla della lucidità necessaria. Oltre i 5/10 l’attaccamento all’io perseguito dall’angolo diventa una forza fine a se stessa, che cerca il proprio trionfo anche contro ragione e contro giustizia.

Quindi, mentre l’altruismo istintivo connesso con la compassione e la tenerezza di cuore richiede necessariamente la presenza del segno Curva, la capacità di rendere fattivo il sentimento altruistico richiede anche la capacità di attivazione della personalità; quindi non un segno Curva su valori massimi, ma integrato da angoli sottomedia in modo che restino al servizio dell’altruismo.

Lo stesso gioco di attivazione/contenimento del movimento altruistico indifferenziato va osservato a proposito degli altri segni che accompagnano la tendenza principale.

Ad esempio, il segno Curva può essere accompagnato da altri segni che favoriscono la tendenza principale di apertura del sentimento, come Larga tra lettere sopra media che dà la generosità, Aste con il concavo a destra che danno la remissività; ma questi segni che rafforzano la spinta all’altruismo istintivo contribuiscono nello stesso tempo a privarlo di ogni forza di azione. L’altruismo, osservava Moretti, per esplicarsi nel mondo ha bisogno di qualità opposte che derivano tutte dalla capacità di concentrazione di forza nell’individuo, non solo attraverso l’angolo, come abbiamo visto, ma anche dal complesso della triplice larghezza equilibrata che costituisce, nella grafologia morettiana, il fondamento dell’equilibrio intellettivo individuale, e conseguentemente il fondamento dell’equilibrio morale individuale. (1)

Il sentimento altruistico, per essere fattivo, ha bisogno di sacri confini dell’io, perché in questi trova la sua forza, e non nella dispersione e nell’accettazione indifferenziata di tutto solo perché non ha la forza di dire di no. Per questo le scritture troppo curve, vale a dire troppo altruistiche in potenza, molto spesso presentano dei correttivi interni automatici, quale la strettezza tra lettere accentuata (tirchieria) che in questi casi non va considerata solo un difetto o un limite della personalità, ma anche una compensazione ad una tendenza di fondo squilibrata.

Pertanto, grafologicamente considerato, l’altruismo luminoso di Madre Teresa, che si è imposto nel mondo con una forza sbalorditiva e ha suscitato tanta adesione e condivisione di cuore nelle persone più diverse, difficilmente potrebbe provenire da una semplice spiccata accentuazione del segno Curva, segno principale di sentimento altruistico nella grafologia morettiana, ma anche segno principale di mancanza di forza interiore.

Ciò che va cercato è la forza della personalità che ha sostenuto un’impresa, per quanto sovrumana, ma pur basata sul suo lavoro concreto e reale, costruito giorno per giorno attraverso il superamento di mille ostacoli.


Madre Teresa: ‘Io vedo la carne sospesa all’anima’

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A quanti meravigliati di fronte alla sua capacità di abnegazione affermavano ‘Non lo farei per tutto l’oro del mondo’, Madre Teresa rispondeva: ‘Neanch’io. Ma lo faccio per amore di Dio’. (2) In questo modo riportava l’attenzione alla dimensione invisibile che nutriva la sua vita.

Madre Teresa non potrebbe essere definita una mistica nel senso che noi attribuiamo normalmente a questo termine, vale a dire una personalità i cui confini tra il mondo terreno e il mondo spirituale erano molto sottili. Grafologicamente questo non risulterebbe vero. Mentre, ad esempio, la scrittura di padre Pio rivela chiaramente una spiccata predisposizione psicologica a entrare nelle dimensioni transpersonali dell’esistenza, la scrittura di Madre Teresa è talmente netta, definita, da costituire, al contrario, un esempio di personalità perfettamente ancorata al mondo terreno.

La sua straordinaria forza di carattere e l’equilibrio della personalità dal punto di vista intellettivo sono deducibili da una serie di caratteristiche grafologiche che ci consentono di risalire alle qualità psicologiche. L’elenco non è dato in ordine di importanza, in quanto è dall’interazione complessiva, globale di tutti i tratti di personalità che andremo ad analizzare, che risulta la forza della personalità di Madre Teresa.

Innanzitutto il segno grafologico del temperamento volitivo e della fermezza del carattere è Mantiene il rigo in grado superiore, che richiede non solo una scrittura capace di procedere orizzontalmente, senza ascendere né discendere, ma anche una omogenea inclinazione delle lettere tra loro. Entrambi i requisiti si avverano nella scrittura di Madre Teresa

La fermezza, nel linguaggio psicologico morettiano, è “la disposizione a mantenere i propri sentimenti invariabili nella loro sostanza” (Sc, 4). La fermezza psicologicamente differisce dalla tenacia (Angoli B) e dall’inflessibilità (Aste rette): significa padronanza delle situazioni che deriva da forza interiore in grado di accettare confronti, e non da testardaggine o da attaccamento inflessibile. E’ un segno di processo logico condotto, ovviamente, con le qualità e i limiti dell’intera personalità.

La fermezza del carattere nella scrittura di Madre Teresa è sostenuta dall’equilibrio intellettivo dato dalla triplice larghezza equilibrata che nel campione presentato raggiunge valori elevati. Questo significa che la profondità dell’intelligenza (Largo di lettere) è sostenuta dalla disposizione all’equità nel giudizio (Larga tra lettere 5), e da capacità mentali adeguatamente sviluppate nel ragionamento e nelle facoltà critiche (Larga tra parole 6).

Il segno Larga tra parole, in particolare, è indice delle sue capacità organizzative, perché, va ricordato, ciò che nella personalità riesce a portare a conclusione qualsiasi azione sotto forma di sistema, con capacità logiche e capacità consequenziali, è sempre e solo questo segno, che però deve essere equilibrato, altrimenti corre il rischio di entrare nella ipercritica e di non concludere.

La triplice larghezza equilibrata e superiore, accompagnata dal segno Mantiene il rigo in grado elevato, costituisce una combinazione grafologica che dà la capacità di “non recedere dalla giustizia, di scrutare le diverse situazioni sociali, collettive e individuali’, facendosi dirigere ‘da un coraggio che può arrivare a spezzarsi, ma mai a piegarsi.” (Att, 57)

Il segno accidentale Fluida, presente in alto grado, consente l’estrinsecazione spontanea delle qualità sostanziali. Favorisce, inoltre, la sensibilità del sentimento, in quanto è in grado di connettersi spontaneamente, senza sforzo, con le personalità altrui, comprendendone le necessità, i bisogni. Fluida è il segno dell’adattamento e nello stesso tempo dell’efficacia pratica dell’azione, perché sa semplificare, sa omogeneizzare, portandosi così direttamente alla conciliazione e alla conclusione.

Attaccata, segno grafologico di continuità di pensiero e di azione, di processo senza rottura, sostiene la capacità complessiva della personalità di sintetizzare, di abbracciare il tutto con un semplice sguardo della mente.

Il calibro non piccolo porta l’interesse della mente e le capacità critiche su un terreno organizzativo pratico.

La pressione sembra piuttosto accentuata, entrando così nel segno Marcata: non delicatezza e raffinatezza di sentimento, quindi, ma forza fisica in grado di porre nell’azione tutta la sua poderosità e nell’azione materiale tutto il suo interesse. La pesantezza della mano “è indice di un’intelligenza che va alla sostanza delle cose e vi si afferra con fortezza, senza il pericolo che il soggetto possa essere influenzato dall’apparato oratorio dell’avversario.” (Att, 295)

La scrittura presenta, inoltre, il segno Accurata spontanea in grado medio, indice di precisione materiale e di precauzione nel procedere (cenni di Accartocciata).

Il segno Disuguale metodicamente, indice di originalità, di bisogno di indipendenza, non è spiccato; quindi consente il soffermarsi della personalità su compiti ripetitivi senza provocare eccessiva sofferenza e irrequietezza; permette inoltre di convogliare le forze sugli aspetti connessi con l’azione organizzata e ponderata. La sua originalità non è quella che nasce dalle tendenze inventive intuitive (Disuguale metodicamente), ma quella che nasce dall’elaborazione concettuale sistematica (Largo tra parole), condotta attraverso la logica. Su questa importante caratteristica della sua personalità, forse non adeguatamente riconosciuta, ci soffermeremo ancora più avanti.

Completiamo ora la presentazione grafologica venendo all’analisi dei segni Curva/Angolosa, vale a dire focalizzando in che modo vengono vissute, in modo istintivo, le due dimensioni psichiche dell’altruismo/egoismo in questa personalità.

E’ evidente che la scrittura di Madre Teresa è sostanzialmente curva, vale a dire indica una tendenza estroversiva del sentimento in favore dell’altruismo, come disposizione a provare compassione e tenerezza di cuore, da cui può conseguire il desiderio di effondersi a bene degli altri se la ponderazione decide di venire in appoggio a questa tendenza. Tuttavia è altrettanto evidente che il segno Curva, non superiore ai 6/10, è attivato dalla presenza diffusa degli Angoli B, che denotano la forza nella resistenza (tenacia) del suo sentimento altruistico, sostenuto, comunque, da molte altre doti dell’intelligenza e del carattere, che insieme hanno contribuito a sostenere psicologicamente una figura leggendaria come la sua.


‘Noi non siamo una struttura sociale, ma siamo e dobbiamo restare un’opera d’amore” (3)

Come è noto, quando si è sconosciuti è difficile creare qualcosa dal nulla senza nessun appoggio e senza nessun finanziamento, e quando si è troppo famosi è difficile non farsi contaminare da tutti quelli che, volendo aiutare, premono per spingere in una certa direzione alterando la purezza del movimento originario. Madre Teresa ha attraversato entrambi gli estremi mantenendo inalterata non solo la sua integrità, ma anche quella dell’intero movimento da lei fondato, l’Ordine delle Missionarie della Carità. Con quali risorse ha potuto fare questo?

Possiamo chiederci se la sua personalità, che appartiene alla dimensione terrena dell’esistenza, conteneva in sé le doti organizzative necessarie per sostenere l’immensa impresa che è riuscita a portare a termine o se questa è stata ampiamente trascesa da altri fattori non investigabili direttamente. Questo è un approccio grafologicamente legittimo. Inoltre la questione è estremamente interessante, in quanto c’è una apparente contraddizione tra le testimonianze di quanti l’hanno conosciuta, che fanno di lei una donna con molto senso pratico, ma di non eccezionali risorse intellettuali, e le caratteristiche grafologiche che fanno di lei un’organizzatrice ponderata, che valuta attentamente ogni singola azione prima di aderirvi, perché è in grado intellettualmente di comprendere a fondo il valore di ogni singola azione e l’apporto che essa dà al raggiungimento dell’obiettivo finale che si è prefissa.

Dopo aver analizzato la sua scrittura, non è possibile descrivere Madre Teresa principalmente come caratterizzata da un’intelligenza pratica ma, al contrario, risulta una donna che pensava intensamente e poi, con grande spontaneità e continuità, agiva. Ma prima di tutto pensava, elaborava, controllava, smistava, favorita in questo anche da quel movimento di ritorno precauzionale su se stessa che abbiamo analizzato nella scrittura ( Larga tra lettere, Accurata, cenni di accartocciamento e di convolvolo).

Questa contraddizione, se si analizza con un minimo di attenzione la figura storica di un personaggio così complesso e intensamente ricco di fascino, è solo apparente.

E’ vero che Madre Teresa ha costruito il suo ordine evitando volutamente ogni strategia, ogni calcolo, per sviluppare con tenacia e fino alle estreme conseguenze la sua vocazione, che era quella di richiamare il mondo ad un aspetto del divino, quello connesso con il sostegno, con il nutrimento continuo, incessante, tanto sul piano spirituale che materiale, in grado di agire concretamente nel mondo attraverso la misteriosa opera della provvidenza. Ma nel portare a compimento questa impresa iniziata dal nulla segue delle regole ben precise che devono essere coerentemente strutturate (triplice larghezza equilibrata, Largo tra parole), pena la non realizzazione o contaminazione di quello che era il messaggio originario ricevuto sotto forma di chiamata.

Madre Teresa sembra che non pensi, non calcoli, ma si limiti ad agire. Inizia la sua scuola in uno slum scrivendo per terra, con pochi allievi, perché non ha altro. L’importante è iniziare e vedere che cosa succederà poi. Tutta la sua immensa costruzione si regge con lo stesso sistema: preghiera, concentrazione e poi azione pratica.

Procedendo elabora le sue regole, definisce con sempre maggiore precisione il senso della sua missione: dimostrare che l’impossibile è possibile, che è possibile fare di una casa di moribondi un luogo di pace per chiunque vi entri, che è possibile dar da mangiare a 9000 persone al giorno a Calcutta affidandosi solo alla carità e rifiutando qualsiasi sussidio regolare governativo.

Per lo stesso rigore morale che consegue alla sua scelta e alla sua vocazione, rifiuterà un grosso lascito in quanto imponeva la clausola di non toccare il capitale ma utilizzare solo gli interessi.  (4) Madre Teresa non accetta: il suo non è un altruismo ‘sentimentale’, è un preciso progetto che si svolge all’interno di regole ben definite e all’interno di una logica ben definita. Ed è questo contesto, questo quadro di riferimento più ampio che sostiene ogni azione pratica di Madre Teresa

Ma mantenere il suo desiderio di sconfinato altruismo dentro un progetto ben definito, con assoluta chiarezza delle regole necessarie per portarlo alla piena estrinsecazione, ha richiesto i tratti di personalità che abbiamo analizzato e che lei stessa descrive lucidamente: “una volta diffusa l’opera nel mondo io debbo difenderla. Perché? Lei mi può chiedere. Perché l’opera non deve diventare impersonale. Non deve trasformarsi in una istituzione …. noi siamo e dobbiamo restare un’opera d’amore.” (5)


Bibliografia

  1. G. Luisetto, La valutazione morale del carattere, in Teoria e pratica nelle applicazioni della grafologia morettiana, A.G.I. Veneto, Padova 1995.
  2. tratto dalla biografia di Navin Chawla, Madre Teresa, 1993 Rizzoli Milano.
  3. citato da G. Livi in Le lettere del mio nome, La Tartaruga Edizioni, Milano 1991, p. 256.
  4. N. Chawla, op. cit., p. 111-112. (“Non voglio che il nostro lavoro si trasformi in un’attività commerciale. Deve restare un’opera dell’amore.” La sua fiducia nella provvidenza divina è incrollabile. “Non penso mai al denaro,” mi disse un giorno “in un modo o nell’altro arriva sempre. Lavoriamo per amore di Nostro Signore, tocca a Lui avere cura di noi. Se vuole che realizziamo qualcosa, deve fornircene i mezzi. In caso contrario, significa che quella particolare iniziativa non incontrava la Sua approvazione, e io la accantono.”)
  5. G. Livi, op. cit., p. 256.

I Grandi dalla scrittura

Presentare una sezione grafologica caratterizzata da un titolo così generico richiede qualche precisazione. Innanzitutto chi sono i grandi: grandi scienziati, grandi artisti, grandi condottieri, caratterizzati veramente da grande ingegno o soltanto da una grande ambizione e grandi capacità di intrigo? Già questo primo interrogativo richiederebbe una lunga serie di considerazioni che esulano dallo scopo della sezione. In secondo luogo, ci si chiede se sia lecito partire dal presupposto, apparentemente ovvio, che una persona sia diventata famosa a causa delle eccezionali capacità che possedeva, che spingevano in senso finalistico in una data direzione. Grafologicamente questo non risulta sempre vero. Inoltre questa forma di riduzionismo psicologico a volte risulta troppo pedante e anche irritante nello sforzo di voler spiegare in dettaglio come e perché sia successo tutto, senza riuscire di fatto a spiegare neanche in minima parte l’altezza e la complessità delle situazioni a cui certi personaggi giungono. Lo psicologo americano J. Hillman ha riproposto recentemente il concetto di ‘codice dell’anima’, vale a dire l’idea “che ciascuna persona sia portatrice di un’unicità che chiede di essere vissuta e che è già presente prima di poter essere vissuta.” (Il codice dell’anima, Adelphi Ed., p.21) Ciò che siamo, in questa prospettiva, non è il frutto delle circostanze, dell’ambiente, del carattere che abbiamo ereditato, ma questi sono solo strumenti che sollecitano la percezione dell’unicità del nostro destino e contribuiscono a realizzarlo. In termini grafologici, la scrittura non spiega il nostro destino e spiega solo in parte la nostra storia, in quanto la personalità costituisce uno dei mezzi attraverso i quali il destino individuale si compie. In questo senso l’anima ci sceglie per vivere la sua vita, per fare quella determinata esperienza della realtà, attraverso un certo corpo e una certa personalità che sono in grado di reggere quella esperienza. Per questo un avventuriero che scopre un continente sconosciuto non può avere la stessa struttura di personalità che consente a un altro di passare anni ad affrescare una cappella: al di là di quello che può essere il potenziale intellettivo di entrambi, uno ha bisogno di audacia, irrequietezza e intraprendenza per muoversi in spazi quasi infiniti e l’altro di dominio totale delle sue energie per portare a termine un compito in condizioni quasi di immobilità fisica. Ma queste tendenze sono strumenti, non fini, in quanto la personalità non può spiegare se stessa, ma fa appello ad altro che resta al di fuori di sé: il senso della propria vocazione, ovvero che c’è una ragione per cui si è vivi e, guarda caso, si ha proprio quella struttura di personalità che ci consente di vivere quelle, e solo quelle, determinate esperienze. Nel raccontare le personalità dei grandi ci limiteremo, pertanto, a prendere atto della struttura della psiche attraverso l’evidenziazione dei principali segni grafologici, e soprattutto di quelli che hanno ‘segnato’ in modo vistoso, per la loro presenza, o la loro assenza, o il loro squilibrio, l’individuo in esame. Ma mentre esaminiamo quello che l’individuo mostra di se stesso attraverso la sua struttura di personalità, non si può dimenticare ciò che non c’è e non ci potrà mai essere nella scrittura: l’anima che ha dato necessità e direzione a quella esistenza.