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Madre Teresa di Calcutta

I Grandi dalla scrittura

Presentare una sezione grafologica caratterizzata da un titolo così generico richiede qualche precisazione. Innanzitutto chi sono i grandi: grandi scienziati, grandi artisti, grandi condottieri, caratterizzati veramente da grande ingegno o soltanto da una grande ambizione e grandi capacità di intrigo? Già questo primo interrogativo richiederebbe una lunga serie di considerazioni che esulano dallo scopo della sezione. In secondo luogo, ci si chiede se sia lecito partire dal presupposto, apparentemente ovvio, che una persona sia diventata famosa a causa delle eccezionali capacità che possedeva, che spingevano in senso finalistico in una data direzione. Grafologicamente questo non risulta sempre vero. Inoltre questa forma di riduzionismo psicologico a volte risulta troppo pedante e anche irritante nello sforzo di voler spiegare in dettaglio come e perché sia successo tutto, senza riuscire di fatto a spiegare neanche in minima parte l’altezza e la complessità delle situazioni a cui certi personaggi giungono. Lo psicologo americano J. Hillman ha riproposto recentemente il concetto di ‘codice dell’anima’, vale a dire l’idea “che ciascuna persona sia portatrice di un’unicità che chiede di essere vissuta e che è già presente prima di poter essere vissuta.” (Il codice dell’anima, Adelphi Ed., p.21) Ciò che siamo, in questa prospettiva, non è il frutto delle circostanze, dell’ambiente, del carattere che abbiamo ereditato, ma questi sono solo strumenti che sollecitano la percezione dell’unicità del nostro destino e contribuiscono a realizzarlo. In termini grafologici, la scrittura non spiega il nostro destino e spiega solo in parte la nostra storia, in quanto la personalità costituisce uno dei mezzi attraverso i quali il destino individuale si compie. In questo senso l’anima ci sceglie per vivere la sua vita, per fare quella determinata esperienza della realtà, attraverso un certo corpo e una certa personalità che sono in grado di reggere quella esperienza. Per questo un avventuriero che scopre un continente sconosciuto non può avere la stessa struttura di personalità che consente a un altro di passare anni ad affrescare una cappella: al di là di quello che può essere il potenziale intellettivo di entrambi, uno ha bisogno di audacia, irrequietezza e intraprendenza per muoversi in spazi quasi infiniti e l’altro di dominio totale delle sue energie per portare a termine un compito in condizioni quasi di immobilità fisica. Ma queste tendenze sono strumenti, non fini, in quanto la personalità non può spiegare se stessa, ma fa appello ad altro che resta al di fuori di sé: il senso della propria vocazione, ovvero che c’è una ragione per cui si è vivi e, guarda caso, si ha proprio quella struttura di personalità che ci consente di vivere quelle, e solo quelle, determinate esperienze. Nel raccontare le personalità dei grandi ci limiteremo, pertanto, a prendere atto della struttura della psiche attraverso l’evidenziazione dei principali segni grafologici, e soprattutto di quelli che hanno ‘segnato’ in modo vistoso, per la loro presenza, o la loro assenza, o il loro squilibrio, l’individuo in esame. Ma mentre esaminiamo quello che l’individuo mostra di se stesso attraverso la sua struttura di personalità, non si può dimenticare ciò che non c’è e non ci potrà mai essere nella scrittura: l’anima che ha dato necessità e direzione a quella esistenza.

Madre Teresa di Calcutta

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Madre Teresa: ‘Io vedo la carne sospesa all’anima’

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A quanti meravigliati di fronte alla sua capacità di abnegazione affermavano ‘Non lo farei per tutto l’oro del mondo’, Madre Teresa rispondeva: ‘Neanch’io. Ma lo faccio per amore di Dio’. (2) In questo modo riportava l’attenzione alla dimensione invisibile che nutriva la sua vita.

Madre Teresa non potrebbe essere definita una mistica nel senso che noi attribuiamo normalmente a questo termine, vale a dire una personalità i cui confini tra il mondo terreno e il mondo spirituale erano molto sottili. Grafologicamente questo non risulterebbe vero. Mentre, ad esempio, la scrittura di padre Pio rivela chiaramente una spiccata predisposizione psicologica a entrare nelle dimensioni transpersonali dell’esistenza, la scrittura di Madre Teresa è talmente netta, definita, da costituire, al contrario, un esempio di personalità perfettamente ancorata al mondo terreno.

La sua straordinaria forza di carattere e l’equilibrio della personalità dal punto di vista intellettivo sono deducibili da una serie di caratteristiche grafologiche che ci consentono di risalire alle qualità psicologiche. L’elenco non è dato in ordine di importanza, in quanto è dall’interazione complessiva, globale di tutti i tratti di personalità che andremo ad analizzare, che risulta la forza della personalità di Madre Teresa.

Innanzitutto il segno grafologico del temperamento volitivo e della fermezza del carattere è Mantiene il rigo in grado superiore, che richiede non solo una scrittura capace di procedere orizzontalmente, senza ascendere né discendere, ma anche una omogenea inclinazione delle lettere tra loro. Entrambi i requisiti si avverano nella scrittura di Madre Teresa

La fermezza, nel linguaggio psicologico morettiano, è “la disposizione a mantenere i propri sentimenti invariabili nella loro sostanza” (Sc, 4). La fermezza psicologicamente differisce dalla tenacia (Angoli B) e dall’inflessibilità (Aste rette): significa padronanza delle situazioni che deriva da forza interiore in grado di accettare confronti, e non da testardaggine o da attaccamento inflessibile. E’ un segno di processo logico condotto, ovviamente, con le qualità e i limiti dell’intera personalità.

La fermezza del carattere nella scrittura di Madre Teresa è sostenuta dall’equilibrio intellettivo dato dalla triplice larghezza equilibrata che nel campione presentato raggiunge valori elevati. Questo significa che la profondità dell’intelligenza (Largo di lettere) è sostenuta dalla disposizione all’equità nel giudizio (Larga tra lettere 5), e da capacità mentali adeguatamente sviluppate nel ragionamento e nelle facoltà critiche (Larga tra parole 6).

Il segno Larga tra parole, in particolare, è indice delle sue capacità organizzative, perché, va ricordato, ciò che nella personalità riesce a portare a conclusione qualsiasi azione sotto forma di sistema, con capacità logiche e capacità consequenziali, è sempre e solo questo segno, che però deve essere equilibrato, altrimenti corre il rischio di entrare nella ipercritica e di non concludere.

La triplice larghezza equilibrata e superiore, accompagnata dal segno Mantiene il rigo in grado elevato, costituisce una combinazione grafologica che dà la capacità di “non recedere dalla giustizia, di scrutare le diverse situazioni sociali, collettive e individuali’, facendosi dirigere ‘da un coraggio che può arrivare a spezzarsi, ma mai a piegarsi.” (Att, 57)

Il segno accidentale Fluida, presente in alto grado, consente l’estrinsecazione spontanea delle qualità sostanziali. Favorisce, inoltre, la sensibilità del sentimento, in quanto è in grado di connettersi spontaneamente, senza sforzo, con le personalità altrui, comprendendone le necessità, i bisogni. Fluida è il segno dell’adattamento e nello stesso tempo dell’efficacia pratica dell’azione, perché sa semplificare, sa omogeneizzare, portandosi così direttamente alla conciliazione e alla conclusione.

Attaccata, segno grafologico di continuità di pensiero e di azione, di processo senza rottura, sostiene la capacità complessiva della personalità di sintetizzare, di abbracciare il tutto con un semplice sguardo della mente.

Il calibro non piccolo porta l’interesse della mente e le capacità critiche su un terreno organizzativo pratico.

La pressione sembra piuttosto accentuata, entrando così nel segno Marcata: non delicatezza e raffinatezza di sentimento, quindi, ma forza fisica in grado di porre nell’azione tutta la sua poderosità e nell’azione materiale tutto il suo interesse. La pesantezza della mano “è indice di un’intelligenza che va alla sostanza delle cose e vi si afferra con fortezza, senza il pericolo che il soggetto possa essere influenzato dall’apparato oratorio dell’avversario.” (Att, 295)

La scrittura presenta, inoltre, il segno Accurata spontanea in grado medio, indice di precisione materiale e di precauzione nel procedere (cenni di Accartocciata).

Il segno Disuguale metodicamente, indice di originalità, di bisogno di indipendenza, non è spiccato; quindi consente il soffermarsi della personalità su compiti ripetitivi senza provocare eccessiva sofferenza e irrequietezza; permette inoltre di convogliare le forze sugli aspetti connessi con l’azione organizzata e ponderata. La sua originalità non è quella che nasce dalle tendenze inventive intuitive (Disuguale metodicamente), ma quella che nasce dall’elaborazione concettuale sistematica (Largo tra parole), condotta attraverso la logica. Su questa importante caratteristica della sua personalità, forse non adeguatamente riconosciuta, ci soffermeremo ancora più avanti.

Completiamo ora la presentazione grafologica venendo all’analisi dei segni Curva/Angolosa, vale a dire focalizzando in che modo vengono vissute, in modo istintivo, le due dimensioni psichiche dell’altruismo/egoismo in questa personalità.

E’ evidente che la scrittura di Madre Teresa è sostanzialmente curva, vale a dire indica una tendenza estroversiva del sentimento in favore dell’altruismo, come disposizione a provare compassione e tenerezza di cuore, da cui può conseguire il desiderio di effondersi a bene degli altri se la ponderazione decide di venire in appoggio a questa tendenza. Tuttavia è altrettanto evidente che il segno Curva, non superiore ai 6/10, è attivato dalla presenza diffusa degli Angoli B, che denotano la forza nella resistenza (tenacia) del suo sentimento altruistico, sostenuto, comunque, da molte altre doti dell’intelligenza e del carattere, che insieme hanno contribuito a sostenere psicologicamente una figura leggendaria come la sua.

I Grandi dalla scrittura

Presentare una sezione grafologica caratterizzata da un titolo così generico richiede qualche precisazione. Innanzitutto chi sono i grandi: grandi scienziati, grandi artisti, grandi condottieri, caratterizzati veramente da grande ingegno o soltanto da una grande ambizione e grandi capacità di intrigo? Già questo primo interrogativo richiederebbe una lunga serie di considerazioni che esulano dallo scopo della sezione. In secondo luogo, ci si chiede se sia lecito partire dal presupposto, apparentemente ovvio, che una persona sia diventata famosa a causa delle eccezionali capacità che possedeva, che spingevano in senso finalistico in una data direzione. Grafologicamente questo non risulta sempre vero. Inoltre questa forma di riduzionismo psicologico a volte risulta troppo pedante e anche irritante nello sforzo di voler spiegare in dettaglio come e perché sia successo tutto, senza riuscire di fatto a spiegare neanche in minima parte l’altezza e la complessità delle situazioni a cui certi personaggi giungono. Lo psicologo americano J. Hillman ha riproposto recentemente il concetto di ‘codice dell’anima’, vale a dire l’idea “che ciascuna persona sia portatrice di un’unicità che chiede di essere vissuta e che è già presente prima di poter essere vissuta.” (Il codice dell’anima, Adelphi Ed., p.21) Ciò che siamo, in questa prospettiva, non è il frutto delle circostanze, dell’ambiente, del carattere che abbiamo ereditato, ma questi sono solo strumenti che sollecitano la percezione dell’unicità del nostro destino e contribuiscono a realizzarlo. In termini grafologici, la scrittura non spiega il nostro destino e spiega solo in parte la nostra storia, in quanto la personalità costituisce uno dei mezzi attraverso i quali il destino individuale si compie. In questo senso l’anima ci sceglie per vivere la sua vita, per fare quella determinata esperienza della realtà, attraverso un certo corpo e una certa personalità che sono in grado di reggere quella esperienza. Per questo un avventuriero che scopre un continente sconosciuto non può avere la stessa struttura di personalità che consente a un altro di passare anni ad affrescare una cappella: al di là di quello che può essere il potenziale intellettivo di entrambi, uno ha bisogno di audacia, irrequietezza e intraprendenza per muoversi in spazi quasi infiniti e l’altro di dominio totale delle sue energie per portare a termine un compito in condizioni quasi di immobilità fisica. Ma queste tendenze sono strumenti, non fini, in quanto la personalità non può spiegare se stessa, ma fa appello ad altro che resta al di fuori di sé: il senso della propria vocazione, ovvero che c’è una ragione per cui si è vivi e, guarda caso, si ha proprio quella struttura di personalità che ci consente di vivere quelle, e solo quelle, determinate esperienze. Nel raccontare le personalità dei grandi ci limiteremo, pertanto, a prendere atto della struttura della psiche attraverso l’evidenziazione dei principali segni grafologici, e soprattutto di quelli che hanno ‘segnato’ in modo vistoso, per la loro presenza, o la loro assenza, o il loro squilibrio, l’individuo in esame. Ma mentre esaminiamo quello che l’individuo mostra di se stesso attraverso la sua struttura di personalità, non si può dimenticare ciò che non c’è e non ci potrà mai essere nella scrittura: l’anima che ha dato necessità e direzione a quella esistenza.